La diplomazia è un’arte politica raffinata. Quando si vuol capire, occorre decodificare le parole, ma stare anche, se non principalmente, ai fatti. E i fatti sono noti.
Nel giro di pochi giorni è accaduto, come già in passato, che i terroristi islamici, che hanno provocato attentati orribili a Parigi e a Vienna, hanno spesso a che fare con l’Italia. A cominciare dall’uccisione del professore Samuel Paty, decapitato dal diciottenne Abdoullakh Abuyezidvich Anzorov, nato in Russia da famiglia di origine cecena e in Francia con lo stato di rifugiato. Così anche il 21enne Brahim Aouissaoui, tunisino, sbarcato a Lampedusa, artefice dell’attentato nella basilica di Notre Dame a Nizza, uccidendo tre persone. Infine il fermo, a Varese, del ceceno Turko Arsimekov, sospettato di far parte della cellula cui ha fatto riferimento il killer che ha compiuto l’attentato a Vienna, uccidendo quattro persone. Persone, come le altre vittime, colpevoli solo di esistere, ma con famiglie, affetti, lavori, amori e sentimenti. Il personaggio, arrestato a Varese, sarebbe sospettato di far parte della cellula di terroristi islamisti che avrebbe a che vedere con queste stragi. I servizi segreti austriaci avevano già segnalato a quelli italiani il nome del ceceno, Turko Arsimekov. Che è stato arrestato, ma dopo. Purtroppo.
Prima di questo arresto, e dopo gli attentati in Francia e Austria, sul tema del terrorismo si è svolto un summit in video fra Macron, Sebastian Kurz e Angela Merkel. Ora il ministro degli Affari europei della Francia, Clément Beaune, assicura che «nessuno voleva escludere l’Italia». Ma chiedetevi perché l’hanno esclusa e capirete perché. Per caso, non si fidano. I servizi segreti italiani funzionano, ma l’indecisione pure. Sempre il ministro francese ha dichiarato che nessuno voleva escludere l’Italia, ma occorre rivedere gli accordi di Schengen sulla libera circolazione. Accordi che la Francia ha già sospeso. Come altri in Europa. Poi ha dichiarato che si sta arrivando, in sede europea, ad una revisione della politica migratoria. Parla di «piccoli disaccordi», ma staremo a vedere se sono così piccoli, visto che da tempo si discute di questo problema e non si vedono risultati, ma solo annunciazioni di «solidarietà obbligatoria», che obbligatoria non è.
Purtroppo la realtà è un po’ diversa e l’Italia non è messa bene, quando non fa che mandare messaggi di accoglienza e solidarietà, ma anche di poca serietà, nello smontare e rimontare la politica migratoria.
Su questo tema sono già intervenuto su questo giornale. Sempre fuori da qualsiasi intenzione demagogica o populista, ma rispettando la realtà di un fenomeno che può diventare drammatico per i migranti, ma anche per gli italiani e gli europei. Anche perché il Covid complica tutto e riverbera la crisi anche nei paesi di partenza, dove dall’Italia arrivano messaggi “sbagliati”. Messaggi che arrivano anche a Parigi, a Vienna, a Berlino.