Economia

Consenso contro il mercato Di Alessandro Petretto

Come la legge delega sulla riforma fiscale, anche la legge delega sul mercato e la concorrenza sembra scivolare su una parte relativamente secondaria del provvedimento. Se nel primo caso è la norma per la mappatura della proprietà immobiliare (leggi catasto), nel secondo è la mappatura dei regimi concessori di beni pubblici (leggi concessioni balneari).  Si tratta in entrambi i casi di norme che delegano il governo a superare privilegi categoriali derivanti dall’abbandono dei canoni della concorrenza “nel mercato” (assenza di posizioni dominanti) e “per il mercato” (metodo della gara). Ma la legge delega sulla concorrenza, probabilmente ignota ai più nei suoi contenuti, contiene anche norme di grande rilievo per la disciplina dei servizi pubblici locali, come l’affidamento delle concessioni della distribuzione del gas e  degli acquedotti. C’è poi  la delega al governo di adottare un decreto legislativo di riordino della materia dei servizi pubblici locali, da coordinare con la normativa in materia di contratti pubblici e in materia di società in partecipazione pubblica per gli affidamenti in autoproduzione (modalità in-house). In merito si prevede anche il ricorso ad un testo unico con l’obiettivo di razionalizzare la ripartizione dei poteri di regolazione e di controllo tra i diversi livelli di governo locale e le Autorità indipendenti con l’obiettivo, sacrosanto secondo la razionalità economica, di separare le funzioni regolatorie dalle  funzioni di diretta gestione di servizi a livello locale. C’è poi una norma che disciplina l’affidamento regionale con gara del servizio trasporto pubblico locale e una norma che adegua il Codice dell’ambiente al ruolo dell’Autorità indipendente ARERA in tema di determinazione tariffaria, di definizione  e controllo degli standard di qualità. Il tema della concorrenza riguarda anche la salute. Viene infatti potenziato l’istituto dell’accreditamento, prevedendo selezioni periodiche regionali, tramite procedure trasparenti, verifiche sistematiche degli operatori convenzionati, in vista di una complessiva razionalizzazione della rete in convenzionamento. Viene anche disciplinato il vincolo sull’assortimento di medicinali presso i distributori all’ingrosso di farmaci e viene introdotto un meccanismo generale di selezione del personale sanitario finalizzato alla valorizzazione del merito.

Sono norme queste, ed altre se ne aggiungono, che tendono a valorizzare, pur in una cornice regolatoria che garantisce il perseguimento delle finalità pubbliche, la concorrenza per lo sviluppo dell’economia regionale e locale e il superamento delle numerose rigidità che la ingessano. Ma la domanda cruciale è: chi vuole (oltre al NextGenEU) questa normativa? Guardando alla composizione del Parlamento nazionale, del Consiglio regionale della Toscana e del Consiglio comunale di Firenze, e le decisioni assunte da queste assemblee, mi sento di azzardare che almeno il 70% delle forze politiche è decisamente contrario e un 20% almeno è diffidente. Una prova: il tentativo di annacquare la logica della gara con l’accordo in Parlamento sull’emendamento all’articolo sull’efficacia delle concessioni demaniali. L’idea che sembra emergere è: che vinca l’incumbent,  oppure che l’indennizzo, fissato al di fuori della gara, lo metta totalmente al riparo dalla concorrenza.

Sostenere gli elementi di oggettività, trasparenza, parità di condizioni di tutti gli attori che la concorrenza comporta non fa certamente guadagnare voti. E con un sistema politico, come il nostro, perennemente in fibrillazione per acquisire consenso elettorale di breve periodo, non ci si deve sorprendere se sono  quasi dieci anni che non viene approvata una norma con queste finalità. E la sorte di quest’ultima non è stata ancora sancita.