13 novembre 2023
Il declino del prestigio americano e il bisogno di Europa
Non è da ora, ma sempre più si nota, nonostante l’attivismo di Joe Biden e della sua amministrazione a livello internazionale, un lento declino del prestigio americano nel mondo. Un mondo dove potenze come la Cina agiscono su un piano globale e spesso conflittuale con gli USA. La competizione è ormai tra aree del mondo, come vediamo ogni giorno. Persino l’Africa può assolvere un ruolo più attivo, se, invece di perdere per via dell’emigrazione forze vitali e giovani, valorizzasse le sue grandi risorse di materie prime.
Le università americane, pur conservando una notevole capacità di attrarre e valorizzare i migliori ricercatori e scienziati del mondo, hanno perso la capacità di formare classi dirigenti inseguendo la meteora del politicamente corretto che impedisce di guardare in faccia la realtà. Magari anche per governarla con consapevolezza.
L’Europa rappresenta un grande paradosso: è il continente più attrattivo per la sua qualità della vita e per la difesa dei diritti umani, ma non ha la forza di agire compatta in difesa del suo stesso patrimonio di valori. Gli Stati membri fanno fatica a concedere parti della loro sovranità affinché la Ue possa offrire sicurezza e possa difendere i suoi valori e i suoi confini. Un’Europa senza frontiere va bene per i giochi e le canzonette, non per le sfide dure di un mondo sempre più conflittuale.
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La sicurezza trascurata
A trent’anni dalla nascita dell’Unione europea (Trattato di Maastricht) e in una situazione internazionale sempre più minacciosa e con due guerre alle porte di casa (Ucraina e Israele), l’Europa è priva di un’autonoma capacità di difesa e anche di azione diplomatica efficace. Non si può avere una politica estera efficace senza avere una politica di sicurezza comune.
Mario Draghi, il salvatore dell’euro dalla tempesta finanziaria del 2008/09, da tempo sollecita una maggiore coesione politica dell’Europa. Specialmente oggi che non possiamo più contare sulla protezione militare degli USA, almeno in assoluto, né possiamo più contare sull’energia a basso costo, mentre gli USA sono autosufficienti, né possiamo contare sui mercati cinesi per il nostro export.
L’Europa di oggi incombe e condiziona le politiche nazionali, ma è priva di una visione strategica e di un centro decisionale politico per affrontare le sfide esterne. L’esercito europeo resta un sogno, sebbene i singoli Stati europei spendano per la difesa una cifra appena inferiore a quella degli USA.
Il modo con cui la Ue affrontò la pandemia di Covid e poi il Next Generation EU ci poteva far sperare in meglio e cioè alla possibilità di un’unione fiscale, una politica estera comune, un piano europeo per l’immigrazione ecc.
Troppe riunioni, troppe risoluzioni, troppi summit, ma deboli e precari risultati.
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Il Patto di Stabilità andrà riformato
Il Patto di Stabilità stabilisce le regole della governance economica della Ue. È stato sospeso nel marzo del 2020 a seguito della crisi generale indotta dalla pandemia.
I due cardini del Patto di Stabilità consistono nel principio che il deficit degli Stati non deve superare il 3% del PIL e il debito pubblico non deve superare il 60%. Si deve ricordare che a gennaio 2024 si dovrebbe ritornare a quei parametri che per molti paesi, con in testa l’Italia, sarebbe un bel guaio, ossia una impresa impossibile. Per fortuna nessun ministro delle finanze dei 27 paesi si è pronunciato a favore del ritorno alle vecchie regole. Tuttavia i paesi con alto deficit devono predisporre politiche in grado di produrre una riduzione del deficit, almeno tendenziale.
Germania e Francia o meglio i rispettivi ministri delle finanze, Christian Lindner e Bruno Le Maire, sembrerebbero disposti a proporre dei piani di risanamento spalmati su sette anni e un trattamento di favore sugli investimenti nella difesa e sui prestiti del PNRR e per il co-finanziamento nazionale di fondi Ue. Per questo l’Italia si dovrebbe preoccupare di proporre piani di risanamento di medio periodo. Per questo occorrerebbero stabilità e continuità di governo.
Chi vivrà, vedrà.
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Una domanda sul Parlamento europeo
Che fine hanno fatto le commissioni di indagine sullo scandalo Qatargate? Forse sarebbe il caso di saperlo non solo in vista delle elezioni europee del prossimo anno, ma anche perché il Qatar svolge un ruolo di primo piano nella crisi palestinese.