27 maggio 2022
Ancora sospeso il Patto di stabilità. Ma non quello della responsabilità
La Commissione europea con Valdis Dombrovskis e il Commissario all’Economia Paolo Gentiloni hanno presentato il “Pacchetto di Primavera”, le raccomandazioni agli Stati membri per rispettare le linee di fondo e le raccomandazioni. Il Patto di stabilità, sospeso nel 2020 per la pandemia, verrà, almeno così si raccomanda, sospeso fino al 2023.
La Germania ha fatto subito capire che bisognerà pur sempre seguire le regole di bilancio. La Commissione invita l’Italia ad attuare le riforme contenute nel PNRR, quella della giustizia, come quella della concorrenza, che è più complessa della questione balneare.
Bruxelles invita l’Italia ad intervenire nel sistema fiscale con la riduzione delle aliquote Irpef, che sono fra le più alte d’Europa, tagliare il cuneo fiscale, allineare i valori catastali ai valori di mercato, razionalizzare e ridurre la spesa. Si raccomanda, ancora, di aumentare la quota delle energie rinnovabili, di variare le fonti di approvvigionamento e di aumentare gli obbiettivi dell’efficienza energetica, specialmente nel settore edile. Naturalmente si dovrà provvedere a soluzioni per raggiungere l’indipendenza dalle fonti energetiche russe entro il 2027.
Per l’Italia, e qui arrivano i dolori, è fondamentale continuare a tenere sotto controllo l’alto debito pubblico mediante una politica di bilancio accorta e prudente. Bisognerà limitare la crescita della spesa corrente finanziata a livello nazionale. Programmare con sicurezza l’impiego dei fondi strutturali, che servono come base per i programmi nazionali e regionali.
Coloro che in Italia minacciano la vita del governo Draghi sono avvertiti. Non si tratta di avvisi ai naviganti, ma raccomandazioni per evitare il naufragio.
Per l’ingresso dell’Ucraina nella Ue. La frenata francese
Per Ursula von der Leyen bisognava lavorare giorno e notte per dare all’Ucraina lo status di candidato per l’ingresso nella Ue. Per la Francia, invece, la pratica durerà 15-20 anni. Roba da non credere, anche se è sicuro che le procedure per l’ingresso nella Ue sono complicate e lunghe.
A favore di un ingresso accelerato dell’Ucraina spingono l’Estonia, la Lettonia, la Bulgaria, la Repubblica Ceca, la Slovacchia e la Slovenia. Si tenga presente che in lista di attesa ci sono già da anni la Macedonia del Nord, il Montenegro, la Serbia e l’Albania.
Tutto questo ci fa capire che una Ue a cerchi concentrici sarebbe utile a tutti. Ci sarebbero vincoli e vantaggi per tutti, ma in maniera differenziata. Subito, però, ci vorrebbe un apparato di difesa e sicurezza per garantire «aiuto e assistenza» a tutti , come impone l’articolo 42 del Trattato europeo. Fino all’ultimo cerchio.
Gli aiuti militari della Ue a Kiev: costano
All’inizio dell’attacco di Putin all’Ucraina la Ue decise di utilizzare un fondo per rimborsare i paesi membri che avevano fornito assistenza alle forze armate ucraine. Ci vuole poco a capire che senza aiuti l’Ucraina sarebbe stata piegata al volere dei russi, cioè di Putin.
Venne, infatti, attivato l’EPF, lo strumento europeo per la pace. Una pace che dopo tre mesi risulta ancora lontana. Se l’Ucraina non fosse stata aiutata anche militarmente, è certo che sarebbe stata sottomessa, con buona pace dei “pacifisti”.
Di fatto, però, l’eroica resistenza degli ucraini ha un costo. Lo Stato maggiore dell’Unione vigila sulla regolarità delle richieste di rimborso. A fronte dei 703 milioni di euro richiesti dai paesi europei, ne ha validato solo 596. Da qui l’inizio del malcontento e delle difficoltà. Da qui anche la crescita degli aiuti USA e inglesi, senza i quali la resistenza ucraina non sarebbe andata avanti. Sino al punto da far saltare le ambizioni di Putin di chiudere la partita e installare a Kiev un governo fantoccio, secondo una tecnica già sperimentata dallo stesso Putin.
Così, ancora una volta, l’Unione invece di marciare unita davanti ad un problema così grave, ha già cominciato a dividersi fra falchi e colombe. Senza rendersi conto che, in un momento così decisivo per le sorti del vecchio continente e del mondo, occorrerebbe proprio un salto di qualità politica. Un salto di qualità che si impone per il futuro dell’Unione e per le sfide gravi che vengono dal contesto internazionale e dalla situazione economica.
Tutti hanno capito che bisognerà trovare una soluzione superando il rischio di stallo, che in momenti come questi non è tollerabile.
Un piano Marshall per l’Ucraina
Mentre gli Stati Uniti hanno già approvato lo stanziamento di 40 milioni di dollari in aiuti militari ed economici per l’Ucraina, i ministri delle Finanze e delle Banche centrali del G7 stanno elaborando un piano di 18,4 miliardi di aiuti per i prossimi mesi.
Nove miliardi di euro dovrebbero essere prestati all’Ucraina. La Germania stanzierà, come ha promesso il ministro delle Finanze Christian Lindner, un miliardo di euro. Il Giappone stanzia 600 milioni di dollari. Gli USA 7,5 miliardi di dollari al mese.
Il problema è quello di evitare che le sanzioni e i danni prodotti dalla guerra possano innescare la recessione, ma nello stesso tempo guardare avanti e prevedere per l’Ucraina una sorta di “Piano Marshall”. La decisione verrà presa al summit del G7 di fine giugno in Baviera.
Si prevede che la guerra durerà ancora, ma si spera che prima o poi finisca. Il problema è che, come tutte le guerre, non si sa mai quando e come finiranno. Putin non sa come uscirne, ma sarebbe saggio da parte di tutti cercare una via di uscita.
Le risorse strategiche di Putin: il gas e le minacce
L’adesione alla NATO di Svezia e Finlandia è stata valutata con favore dalle Repubbliche baltiche. Il ministro degli Esteri della Lituania, Gabrielius Landsbergis, un giovane storico di appena 40 anni, a Torino per il Consiglio d’Europa, ha dichiarato che se la procedura andrà in porto riguarderà la sicurezza di un’area cruciale come il Mar Baltico e i paesi che vi si affacciano. Ha ricordato che tutta l’area è sotto attacco della Russia da diversi anni, con l’uso minaccioso di flussi migratori e con attacchi cibernetici a strutture importanti da parte della Russia e della Bielorussia.
Le minacce di Putin che taglia le forniture di gas alla Finlandia non sono una novità. Come si è visto con la Polonia. Il ministro lituano ha ricordato che a partire dal 2010, quando la Russia cominciò a fare un uso politico-ricattatorio dei contratti e dei prezzi del gas, il suo paese cominciò a fare contratti di forniture di gas con paesi diversi: Norvegia, USA, Qatar. Inoltre costruendo un grande terminale offshore di gas naturale liquefatto a Klaipeda. «Ora non solo siamo indipendenti, ma Klaipeda sta diventando un hub per fornire gas ad altri paesi».
Infine il ministro ha dichiarato che finché in Russia ci sarà Putin «tutti saremo in pericolo». L’unica soluzione dovrebbe essere un cambio di regime, che, però, dovrebbe venire dall’interno. Se la guerra dovesse finire senza un cambiamento politico in Russia, anche con la vittoria dell’Ucraina, «sarà come il Trattato di Versailles del 1919: il disastro sarà solo rimandato».
Putin, come hanno dichiarato esponenti autorevoli di Renew Europe, punta alla decostruzione dell’Europa, avvalorando, così, i timori del ministro degli Esteri lituano.
Un’ Alleanza fra i paesi neutrali e la Ue
Quella proposta da Sergio Romano, editorialista del “Corriere della Sera” e grande esperto di politica internazionale, anche per le sue esperienze di diplomatico, potrebbe essere una soluzione contro lo stallo e il muro contro muro che hanno prodotto l’aggressione di Putin.
La politica aggressiva di Putin ha causato tanti morti, tante sofferenze e delle gravi ripercussioni internazionali, dalla crisi energetica a quella alimentare. Quel che è più pericoloso, la guerra ha spinto molti paesi fino a ieri neutrali a chiedere di entrare nella NATO.
La Ue dovrebbe fornire un’alternativa politica e di sicurezza, favorendo una sorta di Lega dei neutrali, come suggerisce Sergio Romano. Nella Lega potrebbero confluire l’Ucraina e altri paesi dell’Europa orientale, più i paesi scandinavi e baltici. Bella idea, se non fosse che proprio questi paesi vedono nella NATO la forza in grado di proteggerli dalle minacce per niente astratte di Putin. Tuttavia, siccome le pratiche di ingresso nella NATO sono complicate e lunghe, ci potrebbe essere uno spazio per una Lega dei neutrali appoggiata dalla Ue, per offrire a Putin un’alternativa politica al rischio di una sconfitta strategica. Del resto anche Crimea e Donbass potrebbero avere uno status di neutralità e la demilitarizzazione potrebbe essere la base di una politica di coesistenza e di distensione. Una cosa buona e utile per tutti in Europa e nel mondo.
Una nuova sigla nella giungla delle sigle europee: REPower EU
La Commissione europea ha presentato un importante pacchetto di proposte che riguarda la transizione energetica, appunto REPower EU, più il sostegno alla ricostruzione dell’Ucraina e, poi, dulcis in fundo per l’Italia, le raccomandazioni annuali per ogni Stato membro con gli orientamenti di politica fiscale per il 2023.
Si prevede, per raggiungere gli obiettivi previsti, di trasferire circa 390 miliardi di euro nel Dispositivo di ripresa e resilienza, il famoso Recovery and Resilience Facility o RRF. Questa ingente cifra verrà ripartita nei singoli RRF nazionali, con un tetto fissato al 6,8% del Pil.
Tutto questo tenendo conto dell’inflazione che veleggia dal 5 al 7%, che rischia di far sballare tutti i conti.
Tutto questo, compreso il blocco temporaneo del Patto di stabilità e crescita, comporterà inevitabilmente una riforma della governance economica della Ue, che sarà presentata dopo l’estate. Di questa riforma parla anche il vicepresidente ISFE, Alessandro Petretto, in un saggio nel libro che uscirà a breve con il titolo Pensare l’Europa. Così come, nello stesso volume, è contenuto un saggio della vicepresidente ISFE, Elisabetta Catelani, sulla governance politica e l’attuazione del PNRR da parte del governo Draghi.